TESTIMONIANZA DLLA PRIMA LINEA
Noi camici bianchi conosciamo bene la morte, ne conosciamo i contorni e le sensazioni.
La conosciamo attraverso gli sguardi dei familiari ed attraverso le loro mani che si intrecciano come a volersi sorreggere a vicenda.
In un certo senso si può dire che siamo abituati ad accompagnare i nostri pazienti verso il tramonto della loro vita ma, in fondo, a certi aspetti non ci si abitua mai.
Non ci si abitua ma ci conforta vedere i nostri assistiti accerchiati dai loro cari ed accompagnati per mano verso un sonno che durerà in eterno.
A 26 anni conosco bene la morte e l’ho vista trascinarsi via giovani papà e bambini piccoli.
Eppure, nulla mi ha sconvolta come la morte da infezione polmonare da coronavirus.
Porterò sempre con me il ricordo di tanti pazienti che hanno concluso la loro vita su una rigida barella di pronto soccorso, confortati solo da infermieri stanchi, con la schiena sudata e la faccia coperta e segnata dal filtrante facciale.
Giusto il tempo di una carezza coperta da due paia di guanti, come se quel paziente fosse nostro nonno o nostro padre, per poi correre da chi, forse, una speranza di sopravvivere c’è l’ha ancora.
Sapete che cosa vede un operatore sanitario al di là della sua visiera protettiva?
Vede soltanto gli occhi febbricitanti dei suoi pazienti e quelli arrossati dei suoi colleghi.
Abbiamo dovuto scriverci i nomi sui camici perché, pur vedendoci da sempre per dodici ore al giorno, non ci riconosciamo più. Abbiamo imparato a lavorare sentendo e vedendo poco a causa delle protezioni, a non bere prima del turno perché poi non abbiamo modo di fare la pipì, a fare colazione due volte perché poi dall’area COVID-19 non si esce più fino alla fine del turno.
Mi chiamo Michela e sono un’infermiera in un grande pronto soccorso Veneto e domenica 27 dicembre 2020 mi sono vaccinata contro il coronavirus.
Lo dovevo ai miei genitori ed a chi, un giorno, vorrà tornare ad abbracciarmi.
Non abbiamo più forze per combattere questo virus.
VACCINATEVI, è il vostro unico dovere nei nostri confronti e l’unica arma che ci ha dato la scienza.